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Il più antico luogo di culto conosciuto

STORIA DELLA PROCTOLOGIA

INTRODUZIONE

La medicina cominciò a svilupparsi fra le popolazioni del Neolitico, spinta da un impulso primordiale e compassionevole: prendersi cura dei propri simili sofferenti, bisognosi e malati.
Se la perdita della salute a causa di eventi traumatici poteva essere compresa e accettata, non altrettanto avveniva per molte malattie, le cui cause ed evoluzioni risultavano misteriose quanto il moto delle stelle, la successione delle stagioni o i fenomeni naturali come la pioggia e la siccità.

Nell’ambito del creato, l’uomo si distingue come un ribelle: è l’unico essere vivente, infatti, che non si limita ad accettare passivamente la propria esistenza, ma cerca di comprendere e dominare il mondo circostante, spinto non solo dall’istinto di sopravvivenza, ma anche da un profondo desiderio di conoscenza.
Questo slancio verso il controllo dell’extra-umano si è tuttavia scontrato con l'incapacità di spiegare i grandi misteri dell’esistenza, comprese le malattie.
Il bisogno di comprensione nasceva da esigenze pratiche, ma anche da una necessità esistenziale, strettamente legata all’evoluzione dell'uomo come specie.
Da questo crogiolo di sentimenti, dubbi e pulsioni, nacquero la religione, la filosofia, la magia e la medicina.

Per millenni, religione e medicina rimasero indissolubilmente legate, circondate da un alone di mistero e magia che si attenuò molto lentamente, senza mai scomparire del tutto.
Il medico coincise a lungo con la figura del sacerdote, almeno fino a quando l’evoluzione del pensiero filosofico portò a una graduale separazione delle due figure.
Come osservava Senofane (570-475 a.C.), l’uomo tende a creare le proprie divinità a sua immagine. Forse, lo stesso può dirsi anche per la figura del medico.

LE PRIME TRACCE DELLE MALATTIE PROCTOLOGICHE

I primi trattati che documentano la conoscenza di malattie come emorroidi, stipsi, parassitosi intestinali e prolasso rettale furono trovati nelle tavolette cuneiformi di Ninive, nei papiri di Ebers, di Smith e di Chester Beatty, e nel secondo libro delle Cronache della Bibbia.

Collezione di tavolette cuneiformi provenienti dalla biblioteca di Assurbanipal

Collezione di tavolette in cuneiforme provenienti dalla Biblioteca di Assurbanipal, conservate presso il British Museum di Londra. Sono state rinvenute nell'antica città di Ninive, nell'odierno Iraq. Fra di esse, molte trattano di argomenti medici, compresi quelli  proctologici. La medicina etrusca mostra più che semplici similitudini con quella assira.

Fotografia di Gary Todd, via Wikimedia Commons

LA MEDICINA NELL'ANTICO EGITTO

Tra le civiltà antiche, quella egizia sviluppò conoscenze anatomiche e fisiologiche molto più avanzate rispetto ad altri popoli del Mediterraneo e del Vicino Oriente.
Figura centrale fu Imhotep (2700–2630 a.C.), vissuto durante la III dinastia. Fu architetto, poeta, medico e consigliere del faraone. È ritenuto l'autore del papiro di Edwin-Smith, il più antico trattato medico conosciuto.
Dopo la sua morte venne divinizzato, e a lui furono dedicati templi a Menfi, Tebe e File. I suoi insegnamenti furono tramandati per secoli, formando la base della medicina delle civiltà successive.

Tavole VI e VII del papiro medico di Edwin Smith

Tavole VI e VII del papiro di Edwin-Smith. Scritto da Imhotep, medico, poeta e architetto del faraone Zoser per il quale edificò la piramide a gradoni di Saqqara.

È giunto a noi in forma quasi completa e rappresenta il primo trattato di medicina della storia.

New York Academy of Medicine,  public domain.

Gli Egiziani attribuivano le malattie agli influssi maligni di spiriti ostili o di dei adirati, capaci di agire attraverso mezzi naturali o invisibili.
Il compito del medico era identificare lo spirito o l’incantesimo responsabile della malattia, per poi allontanarlo o distruggerlo. A tal fine, il medico doveva padroneggiare le arti magiche, saper confezionare amuleti e officiare riti, oltre che prescrivere offerte e preghiere alle divinità.
Nonostante l’apparente subordinazione alla magia, l’uso dei farmaci era tutt’altro che marginale, come dimostra la vastissima farmacopea egizia.
Mentre le pratiche magiche potevano essere esercitate da persone comuni, solo i medici-sacerdoti potevano somministrare farmaci e celebrare i riti, a dimostrazione del loro controllo sul processo di guarigione.

Erodoto riferisce che in Egitto esistevano molti medici e che essi erano già specializzati per singole malattie, anticipando una forma di medicina specialistica.
Il clima caldo-umido delle regioni del Nilo favoriva la diffusione delle infezioni intestinali e delle malattie proctologiche: non sorprende, quindi, che la proctologia fosse già considerata una specialità distinta tremila anni fa.

Nel 1926 fu scoperta una stele funeraria dedicata a Ir-en-Akhty (2400 a.C.), descritto come "oculista, medico del ventre e guardiano dell'ano del faraone". Possiamo considerarlo il primo proctologo della storia.

L’igiene personale e la regolarità intestinale erano centrali nella cultura egizia, tanto che si prescriveva l’assunzione di lassativi tre volte al mese.
Per gli Egiziani, la regolarità dell’intestino, infatti, era sinonimo di salute generale, anticipando il principio che è meglio prevenire piuttosto che curare.

Il papiro medico di Chester Beatty (circa XII secolo a.C.) rappresenta un vero e proprio trattato di proctologia: vi sono descritte terapie per molte affezioni del retto, compreso il prolasso emorroidario, trattato con un impasto di farina di fagioli (Vigna unguiculata), sale, olio e miele — ingredienti ancora oggi facilmente reperibili.
Nel papiro, le prescrizioni mediche prevalgono su quelle magiche, segnalando un approccio più pragmatico di quanto si pensasse.

La farmacopea egizia comprendeva sostanze vegetali, insetti, parti di animali e loro escrezioni, come ampiamente descritto da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella Naturalis Historia (I secolo d.C.).
Molti rimedi egizi confluirono nella farmacopea medievale e rinascimentale, e tracce se ne rintracciano persino nei testi del XVII secolo (The Royal Pharmacopœa, Londra, 1678).
Non è casuale che i termini "alchimia" e "chimica" derivino dal nome antico dell’Egitto, Khami.

Papiro medico di Chester Beatty, 1200 a.C. circa

Papiro medico di Chester Beatty. Si tratta di un trattato, datato al 1200 a.C., quasi esclusivamente dedicato alla terapia delle malattie  proctologiche. 

È conservato presso il British Museum di Londra, insieme agli altri papiri biblici di Chester Beatty .

Edition de la Fondation Egyptologique Reine Elisabeth, Bruxelles 1947

LA MEDICINA NELL'ANTICA GRECIA

La medicina greca affonda le sue radici nella medicina egizia, come testimoniato da Erodoto (484–425 a.C.) e da Omero (IX secolo a.C.), nel quarto canto dell’Odissea.

Figura centrale del pantheon medico greco è Asclepio, mitologico figlio di Apollo, divinizzato dopo la morte in virtù delle sue straordinarie capacità terapeutiche.
A lui furono dedicati numerosi templi, gli Asclepeion, fra i quali i più celebri erano quelli di Cos, Pergamo ed Epidauro.
Gli Asclepeion non erano solo luoghi di culto, ma veri e propri centri di cura e di ritiro, situati in contesti naturali favorevoli, con sorgenti termali e clima salubre.

I rituali di cura sono descritti nel Pluto di Aristofane (450–385 a.C.). I malati venivano accolti solo dopo un'attenta selezione: erano esclusi i moribondi e le donne in gravidanza.
Seguivano un periodo di purificazione con bagni, diete e massaggi, immersi nei fumi aromatici e indotti al sonno con vino speziato, sognavano la visita del dio.
I sogni, considerati messaggi divini, venivano interpretati dai medici-sacerdoti per stabilire la terapia da seguire.

Questo approccio, fortemente simbolico e spirituale, ricalcava i rituali egizi, ma conteneva già i germi di una medicina osservazionale, grazie alla registrazione sistematica dei casi clinici nelle biblioteche dei templi.

Da questa esperienza nascerà la medicina ippocratica, basata sull’osservazione dei sintomi, sulla razionalità e sulla progressiva separazione tra medicina e religione.

Statua di Asclepio, copia romana del II secolo d.C.

Statua di Asclepio (Esculapio). Copia romana del II secolo d.C. da originale greco, rinvenuto ad Ostia Antica.

Nell'iconografia classica, Asclepio viene rappresentato con un bastone sul quale è avvolto un serpente.

Vatican Museums CC BY 2.5, via Wikimedia Commons

Ippocrate (460–377 a.C.) propose una spiegazione naturale delle malattie, fondata sull’equilibrio fra i quattro umori: sangue, bile gialla, bile nera e flegma.
Secondo lui, la malattia era il risultato di uno squilibrio interno fra i quattro umori, correggibile con dieta, esercizio fisico e trattamenti specifici.
La sua Dottrina degli Umori governò la pratica medica fino al XVI secolo, quando fu messa in discussione da Paracelso (1493–1541).

Prima di Ippocrate, anche altri medici e filosofi contribuirono alla trasformazione della medicina da pratica empirica intrisa di elementi mistico-religiosi a scienza osservazionale.
Tra loro ricordiamo Alcmæone di Crotone (VI–V secolo a.C.), Anassimene (586–528 a.C.) ed Empedocle di Agrigento (484–421 a.C.).

Ippocrate, frontespizio dell'Opera Omnia, edizione del 1737

Il Corpus Hippocraticum si compone di circa 70 manoscritti dei quali solo una parte è attribuibile ad Ippocrate. La maggioranza dei testi è stata composta dai suoi allievi che avrebbero trascritto i suoi insegnamenti. Questo è il caso del trattato De Natura Hominis, nel quale viene esposta la teoria degli umori, che è stato sicuramente scritto dal suo allievo Polibio.

In questa edizione del 1737, Janus Cornarius, compara criticamente le diverse versioni dei manoscritti ippocratici stampati dopo il XV secolo.

Ippocrate considerava le emorroidi una valvola di sfogo per gli umori nefasti accumulati nel fegato, e raccomandava il salasso o l’uso di sanguisughe per il loro trattamento.
Se l’espulsione degli umori fosse stata interrotta con terapie scorrette, si sarebbero avuti effetti negativi.
Scriveva, a tal proposito:

“…avendo Alcippo l’emorroidi, medicato ch’egli fu, divenne pazzo…”

Questo aforisma riassume l’attitudine ippocratica verso la malattia emorroidaria.
Ippocrate era consapevole che le emorroidi potessero diventare una condizione insopportabile o persino pericolosa per la vita, specialmente quando:

  • non fanno bene il loro officio”,

  • si chiudono completamente”,

  • smoderatemente spargono sangue”,

  • si gonfiano, dolono, s’infiammano, si ulcerano o degenerano in cancro”.

In questi casi proponeva il trattamento chirurgico, che consisteva nell'avvicinare un ferro rovente alle emorroidi senza toccarle, per non compromettere la continenza anale.
È evidente che, pur senza descriverli anatomicamente, gli sfinteri anali erano conosciuti per la loro funzione essenziale.

Nei pazienti che rifiutavano l'intervento, si ricorreva a trattamenti di origine egizia, come l’applicazione locale di sostanze caustiche capaci di seccare le emorroidi.

 

L’approccio ippocratico al trattamento delle fistole anali è sorprendente per la sua attualità.
Molti dei principi da lui enunciati restano validi ancora oggi:

  • Le fistole anali sono piccoli canali che mettono in comunicazione il canale anale con la cute perianale.

  • All’esordio, la fistola è quasi sempre unica e facile da individuare; se trascurata, può ramificarsi rendendo il trattamento più complesso.

  • Il tragitto della fistola deve essere esaminato con uno stelo malleabile, per evitare di creare false strade.

  • È fondamentale valutare i rapporti della fistola con l’apparato sfinteriale per prevenire danni alla continenza.

  • La terapia con iniezione di preparati come salnitro, mirra e zolfo è efficace in pochi casi.

  • Il trattamento ideale consiste nell’apertura completa della fistola, dall’orifizio esterno a quello interno, che si effettua:

    • mediante un taglio diretto (fistulotomia) con un coltellino ricurvo, sulla guida di uno stilo,

    • oppure con l'inserimento di un filo di seta che andrà serrato gradualmente (setone), metodo più lungo nel tempo .

  • Per prevenire recidive era necessario asportare anche le pareti interne della fistola, il cosiddetto “callo”.

Questi principi hanno governato il trattamento delle fistole anali per oltre 2300 anni.

LA MEDICINA NELL'ANTICA ROMA

I Romani furono abili conquistatori e amministratori ma, inizialmente, mostrarono scarso interesse per lo sviluppo autonomo della medicina.
Durante la monarchia e i primi tempi della Repubblica, la pratica medica era affidata a medici etruschi, la cui formazione conservava forti legami con la medicina assiro-babilonese.
Teofrasto (371–287 a.C.), nella sua Historia Plantarum, riferisce che: “l’Etruria è una terra ricca di rimedi, e gli Etruschi producono medicine”.

Dagli Etruschi i Romani appresero, oltre alle pratiche terapeutiche, anche l’importanza degli acquedotti e dei sistemi fognari chiusi, come dimostra la costruzione della Cloaca Massima nel VI secolo a.C.

 

Nel periodo repubblicano, i Romani soddisfacevano i loro bisogni culturali e filosofici ricorrendo alle scuole greche.
Una volta accolti i filosofi, fu naturale fare arrivare anche i medici.

Il culto di Asclepio (latinizzato in Esculapio) fu introdotto a Roma all’inizio del III secolo a.C.
A lui fu dedicato un tempio sull’Isola Tiberina, destinata a diventare il simbolo della medicina romana nei secoli successivi.

Asclepiade di Bitinia (129–40 a.C.) fu probabilmente il primo medico laico — e non sacerdote — a giungere a Roma dalla Grecia.
Seguace della teoria atomista di Democrito , rifiutava quella ippocratica degli umori:

  • secondo lui, il corpo era composto da particelle invisibili (atomi) che si muovevano attraverso i pori e i canali del corpo.

  • quando questo movimento era indisturbato, vi era salute; altrimenti, insorgeva la malattia.

Asclepiade ebbe un considerevole successo nella Roma tardo-repubblicana.
È forse a lui e ai suoi seguaci che si riferiscono le critiche di Catone, Marziale e Plinio il Vecchio, che accusavano i medici greci di arricchirsi facilmente.

Catone (234–149 a.C.) era convinto che i medici greci fossero arrivati a Roma per corrompere i costumi e vendicarsi della conquista della Grecia.
Tuttavia, la bravura dei medici era tale che persino Cicerone (106–43 a.C.) ne giustificava gli elevati compensi.

Cornelio Celso: frontespizione del De Re Medica, edizione 1542

Nel De Re Medica, Cornelio Celso illustra gli insegnamenti di Ippocrate, con l'aggiunta di alcune integrazioni.

A lui si deve la prima descrizione dei quattro caratteri dell'infiammazione: dolor, rubor, calor e tumor.

Il De Re Medica è stato il primo trattato medico stampato alla fine del XV secolo.

Celso (25 a.C.–45 d.C.), nel suo De Re Medica — il primo trattato medico ad essere stampato alla fine del XV secolo — descrisse nel dettaglio numerose tecniche chirurgiche e pratiche mediche.
Fu il primo a codificare i quattro segni dell’infiammazione: rubor, calor, tumor e dolor.

Discepolo di Ippocrate, Celso migliorò alcuni dei suoi insegnamenti, introducendo:

  • l’uso dei clisteri nutrizionali,

  • il lavaggio delle ferite prima della sutura,

  • la compressione o legatura dei vasi sanguinanti per arrestare le emorragie.

In ambito proctologico, preferiva il setone al taglio per il trattamento delle fistole anali, ritenendolo meno rischioso per la continenza. La modalità di esecuzione rispecchiano fedelmente quelle descritte da Ippocrate.
Le tecniche di emorroidectomia ricalcano anch'esse gli insegnamenti ippocratici. Le indicazioni per l'intervento erano molto ristrette, praticamente limitate ai sanguinamenti inarrestabili. Alla chirurgia era preferita la terapia medica, anche questa da riservare ai casi con sintomatologia insopportabile 

Cornelio Celso, De Re Medica, terapia chirurgica della fistola anale: originale latino e libera traduzione in italiano

De ani fistulis Propriam etiam nunc animadversionem desiderant ea, quae in ano sunt. In hac demissa specillo, ad ultimum eius caput incidenda cutis debet; dein novo foramine specillo educendo sequente, quod in aliam eius partem ob id ipsum perforatum coniectum sit. Ibi linum prehendendum, vinciendum cum altero capite est, ut latex cutis, quae super fistulam est, teneatur. Idque linum esse debet crudum, et duplex triplexve, sic tortum ut unitas facta sit. Interim autem licet negotia agere, ambulare, lavari, cibum capere perinde atque sanissimo. Tantummodo id lini bis die aluo nodo ducendum est, sic ut subeat fistula pars quae superior fuerit. Neque committendum est ut id linum putrescat. Sed tertio quoque die nodus resolvendus est, et ad caput alterum recens linum alligandum, educto vetere, id in fistula cum simili nodo relinquendum. Sic enim id paulatim cutem, quae supra fistulam est, incidit. Simulque et id sanescit quod a lino relictum est, et id quod ab eo mordetur inciditur. Haec ratio curatio longior est, sed sine dolore. Qui festinat, astringere cutem lino debet, quo celerius secet, noctuque per specillum tenuia quedam intus demittere, ut cutis hoc ipso extenuetur quo extenditur. Sed haec dolorem movent. Adicitur celeri, sicut tati, sicut tormento quoque, si et linum et id quod ex specillo est aliquo medicamento illinitur, ex his quibus callum exedi possit. Poterit tamen fieri ut ad scalpellum curatio venienda sit, si intus fistula fert, si multiplex est. Igitur in his generibus demisso specillo duabus lineis incidenda cutis est, ut media inter eas habenula tenuis admodum excidatur, ne protinus ora coeant. Fitque locus aliquis linamentis, quae quam paucissima superinicienda sunt, omniaque eodem modo facienda, qui in abscessibus positus est. Si vero ab uno ore plures sinus erunt, recte fistula scalpello erit incidenda, ab eo cetere quae iam patebunt lino excipienda: si intus aliqua procedet, qua ferrum tusto pervenire non poterit, collyrium demittendum erit. Cibus autem in omnibus eiusmodi casibus, sive manu sive medicamentis agetur, dari debet humidus, potio liberalis, diuque aqua; ubi iam caro increscit, tum demum ex balneis rarissimis utendum erit, et cibis corpus implentibus.

Delle fistole dell'ano Anche sulle fistole anali è necessario ancora dire qualcosa. In questi casi si introduce uno specillo: si incide la cute fino all’estremità, poi si fa uscire il filo attraverso una nuova apertura forata con lo specillo appositamente. Qui si fissa un lino crudo, doppio o triplo, ben attorcigliato a formare un solo filo. Si possono nel frattempo svolgere le normali attività: camminare, lavarsi, mangiare. Due volte al giorno il lino va tirato, facendo sì che la parte superiore della fistola venga attraversata. Non bisogna lasciar marcire il lino. Ogni tre giorni va sciolto il nodo, sostituendo il lino vecchio con uno nuovo, inserito con nodo uguale. In questo modo la cute sopra la fistola viene incisa progressivamente e al contempo si cicatrizza la parte morsa. Questo metodo è più lungo, ma indolore. Chi desidera velocizzare deve stringere il lino o introdurre di notte una sonda sottile per assottigliare la cute: ma provoca dolore. Più rapido è anche imbevendo il lino o la sonda di medicamenti che corrodono i tessuti duri. Tuttavia, se la fistola è interna o multipla, può rendersi necessario intervenire con il bisturi. Nel caso si presenti una fistola complessa, si deve incidere la cute in due punti vicini, tagliando via una sottile striscia di pelle per impedire la chiusura immediata dei margini. Il luogo sarà coperto da poche bende leggere, e si seguiranno gli stessi procedimenti che si adottano per gli ascessi. Se da un solo orifizio partono più cavità, si incide con il bisturi, poi si trattano le altre con il lino. Se vi sono cavità troppo profonde per il bisturi, si applica un collirio corrosivo. Durante il trattamento, sia che sia stato chirurgico che con medicamenti, l'alimentazione sarà umida, abbondante la bevanda, per lungo tempo l'acqua. Quando sarà cresciuta la carne nuova, si useranno bagni rari e cibi nutrienti.

Ho sempre guardato con interesse agli strumenti chirurgici di epoca romana per la loro sorprendente somiglianza con quelli tuttora in uso.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che:

  • l'anestesia era ancora sconosciuta,

  • le complicanze infettive erano quasi sempre fatali.

Non a caso, Marziale (38–104 d.C.) ironizzava sulla sottile linea di confine tra medico e becchino:

Diaulo era medico, ora è becchino: quel che faceva da medico ora lo fa da becchino”.

Gli strumenti chirurgici ritrovati a Pompei corrispondono fedelmente alle descrizioni contenute nel De Re Medica.

Strumenti chirurgici provenienti dagli scavi di Pompei

Lo strumentario chirurgico di epoca romana era composto da bisturi, pinze, specilli, sonde, cateteri e divaricatori. Venivano prodotti utilizzando il bronzo, il ferro o l'argento. Sono stati ritrovati anche strumenti chirurgici in oro.

Nel corso dei secoli questi strumenti sono stati perfezionati, mantenendo pressoché inalterata la forma e le indicazioni per il loro uso. 

Museo Archeologico di Napoli

Galeno (129–216 d.C.) fu il grande innovatore della medicina romana.
Studiò medicina a Pergamo, sua città natale, e ad Alessandria dove la dissezione anatomica era praticata su animali e, talvolta, su condannati a morte.

Divenuto medico della scuola dei gladiatori a Pergamo, Galeno acquisì una notevole esperienza nella cura delle ferite, approfondendo lo studio dell’anatomia e della fisiologia.
La sua fama lo portò presto a Roma, dove divenne medico personale di Marco Aurelio (121–180 d.C.). Fu sicuramente a Roma durante l'epidemia di Peste Antonina (165 e 180 d.C.) della quale  non lasciò descrizioni.

Sviluppò una visione sistematica dell’anatomia e della fisiologia, purtroppo non sempre corretta:

  • i suoi studi anatomici erano basati quasi esclusivamente sulla dissezione di scimmie,

  • le sue interpretazioni erano condizionate dall’adesione alla Teoria degli Umori.

 

Rispetto agli insegnamenti della Scuola di Alessandria — fondata da Erofilo ed Erasistrato — Galeno privilegiò una visione finalizzata più alla filosofia che all’osservazione sperimentale.

 

Galeno razionalizzò la farmacopea del suo tempo, gettando le basi della farmacopea ufficiale europea fino al XVIII secolo. Tracce della sua influenza sono presenti nella Royal Pharmacopœa, pubblicata a Londra nel 1678.
Ancora oggi, i preparati officinali sono detti galenici in sua memoria.

Va comunque riconosciuto che fu l'artefice della definitiva separazione tra medicina e religione.

Galeno di Pergamo, frontespizio dell'Opera Omnia

Galeno è stato autore di oltre 400 trattati di terapia, fisiologia, anatomia e filosofia. Di questi, meno di un terzo è giunto ai nostri giorni.

La maggior parte dei suoi manoscritti ci è arrivata con le traduzioni in latino e greco dall'arabo. Sono, invece, molto poche le opere che possediamo nella originale stesura in greco.

Abbiamo, comunque,  ampie citazioni delle sue opere perse nel Collectiones Medicæ di Oribasio di Pergamo, e nel De Re Medica di Paolo di Egina.

Copie spurie o contraffatte dei suoi trattati circolavano già durante la sua vita. Questo problema divenne più importante durante l'alto medioevo.

In campo proctologico, Galeno fu un fedele seguace di Ippocrate:

  • riteneva che le emorroidi fossero una valvola di scarico per la “materia fecciosa e viziosa del fegato”;

  • considerava le emorroidi benefiche per la prevenzione della melanconia e, più in generale, per il mantenimento della salute.

Osservava inoltre:

le vene emorroidali che spargono sangue conservano l’uomo sano. Se lo spargono immoderatamente cagionano malattie e, talvolta, anche la morte”.

La popolarità di Galeno fu immensa, alimentata dai suoi successi terapeutici e dal suo smisurato desiderio di affermare la propria supremazia scientifica.
Accumulò una considerevole ricchezza che gli permise di abbandonare la pratica clinica e dedicarsi esclusivamente alla scrittura di numerosi trattati, tutti in lingua greca.

Fino al XVI secolo, nessuno osò mettere in discussione i suoi principi di anatomia, fisiologia e terapia: perché le sue opere erano considerate complete e definitive.

 

Ippocrate incarnava l'umiltà e l'umanità del medico, impegnato a prendersi cura del paziente con spirito compassionevole. Galeno, invece, pur essendo un medico brillante, fu spesso arrogante, distaccato e privo di reale empatia.

Galeno: terapia per la riduzione delle emorroidi prolassate. Testo latino e libera traduzione in italiano.

Si puro est in aqua desidere homo debet, aut salsa, aut cum verbenis, vel malicorio incocta.

Si humidis, vino austero subleundu est, illinedumq; fece vini cobusta.

Ubi utrolibet modo curatu est, intus respondendum est, imponedaq; plantago cotrta, vel folia salicis in aceto cocta, tum linteolum, eo super lana aeque deliganda, cruribus inter se devinctis.

Se il prolasso è semplice, la persona deve sedersi in acqua pura, oppure salata, o bollita con verbena o scorza di melograno. Se è umido (cioè con secrezione), deve essere trattato con vino astringente, e spalmato con la feccia del vino bruciata. Una volta trattato in uno di questi modi, bisogna intervenire anche internamente, e applicare piantaggine pestata, oppure foglie di salice cotte nell'aceto. Poi si deve mettere sopra un panno di lino, e sopra questo della lana, il tutto ben legato, con le cosce strette tra loro.

LA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO E LA MEDICINA DELL’ALTO MEDIOEVO

​Negli anni successivi alla morte di Galeno, la medicina e i medici raggiunsero un prestigio mai ottenuto prima.
Roma divenne un centro medico di riferimento, meta ambita per professionisti provenienti da tutte le province dell’Impero.

Tuttavia, quasi improvvisamente, nell’arco di pochi decenni, si verificò un collasso sociale ed economico che determinò un degrado dei costumi e dell’organizzazione sociale, al punto da far temere la fine della civiltà stessa.

Il Sacco di Roma del 410 d.C. ebbe un effetto devastante sulla società romana, inaugurando un’epoca di instabilità e incertezza da cui ci si sarebbe solo parzialmente ripresa nei secoli successivi.

 

L’incuria dilagante portò, tra le altre conseguenze, all’abbandono degli acquedotti e delle fognature, determinando il rapido deterioramento delle condizioni igieniche.
Questo favorì la diffusione di epidemie devastanti come il tifo, il colera e, soprattutto, la Peste di Giustiniano (542–543 d.C.), che decimò la popolazione e spinse la società verso un’economia di mera sussistenza, segnando l’abbandono delle professioni liberali, inclusa quella medica.

 

La scomparsa delle scuole mediche contribuì alla stagnazione della medicina.
I principi di Galeno venivano tramandati in modo incompleto o distorto, anche a causa della progressiva perdita della conoscenza della lingua greca, in cui Galeno aveva scritto le sue opere.

La medicina cessò di essere esercitata da professionisti formati, e la chirurgia perse ogni dignità, fino a essere guardata con disprezzo perché comportava lo “sporcarsi le mani di sangue”.

 

Anche la diffusione del Cristianesimo contribuì, indirettamente, al declino della medicina.
Pur non avversandola in modo diretto, il cristianesimo la ignorava, ritenendola superflua rispetto alla salvezza dell’anima.
Il corpo, in questa visione, era visto come un ostacolo terreno da superare.

La conoscenza di ciò che non serviva alla redenzione era considerata irrilevante.
Le Sacre Scritture contenevano tutto ciò che era necessario sapere, e tutto il resto era superfluo.

Lo spirito di disattenzione verso l’igiene è ben riassunto nell'aforisma attribuito a San Girolamo:

"La tua pelle diventa ruvida se non ti lavi? Chi è stato lavato una volta nel sangue di Cristo, non ha bisogno di lavarsi di nuovo."

 

L’Editto di Tessalonica, promulgato da Teodosio nel 380 d.C., sancì il cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero.
Questo alimentò una profonda ostilità verso tutte le forme di sapere pagano, comprese le scienze naturali e la medicina.

È possibile che tale clima culturale abbia contribuito alla parziale distruzione della Biblioteca di Alessandria intorno al 400 d.C., anche se la distruzione completa avverrà solo nel 642 d.C. per ordine del califfo Omar.

 

Dobbiamo a Nestorio (380–450 d.C.) e ai suoi seguaci il salvataggio di molti manoscritti di medicina e filosofia.
Accusati di eresia e costretti a fuggire da Costantinopoli dopo l'Editto di Tessalonica, salvarono numerosi trattati di Ippocrate, Celso e Galeno, portandoli con sé fino in Persia.
Come vedremo, questi testi rientreranno successivamente in Occidente, arricchendo la rinascita culturale medievale.

 

Va comunque sottolineato che il cristianesimo non fu insensibile alla condizione dei malati.
Anzi, la cura dei sofferenti veniva vista come un dovere di carità e compassione.

Nei monasteri sorsero ambienti destinati all'accoglienza e all'assistenza dei malati.
Molti monaci acquisirono competenze erboristiche e si dedicarono a pratiche mediche, spesso ai margini delle regole monastiche.

Questi conventi-ospedale costituirono il nucleo originario da cui nasceranno i moderni ospedali.

 

Nel Thesaurus Pauperum di Pietro Ispanico (1210–1276), medico, teologo e futuro Papa Giovanni XXI, è ben rappresentato lo spirito di carità che la Chiesa doveva esercitare nei confronti dei malati e dei bisognosi.

Pietro Ispanico, manoscritto Thesaurus Pauperorum

Pietro Ispanico, futuro papa Giovanni XXI, è stato un medico, teologo e professore nelle università di Siena e Parigi. 

È uno dei pochi pontefici che Dante colloca in Paradiso (Canto XII).

Il suo trattato, Thesaurus Pauperorum, era indirizzato ai poco abbienti che non potevano permettersi le cure di un medico. Contiene preziose informazioni per le misure igieniche e la cura delle persone. 

Il messaggio di carità e compassione che trasmette è stato strumentale per la nascita dei conventi-ospedale.

IL RUOLO DEGLI ORDINI MONASTICI NELLA CONSERVAZIONE DEL SAPERE MEDICO

Con la chiusura delle scuole mediche e la perdita della conoscenza della lingua greca in gran parte dell’Occidente, i testi di medicina classica rischiarono seriamente di andare perduti.
In questo contesto, gli ordini monastici svolsero un ruolo fondamentale nella conservazione e nella trasmissione del sapere antico, offrendo rifugio non solo ai malati, ma anche ai testi che custodivano la memoria della scienza passata.

Jean Miélot dans son scriptorium, dans Miracles de Notre Dame

La copiatura dei manoscritti dei classici latini e greci effettuata negli scriptoria dei monasteri è stata essenziale per la preservazione delle conoscenze in campo medico, filosofico e letterario, oltre che religioso. I benedettini dell'Abbazia di Montecassino furono particolarmente attivi in questo campo.

In particolare, furono i Benedettini — e, fra loro, la comunità di Montecassino — a distinguersi nella copiatura e nella traduzione dei manoscritti antichi.
Questa attività veniva esercitata negli scriptoria, ambienti monastici dedicati esclusivamente alla trascrizione delle opere religiose e laiche.

Nei loro manoscritti medici troviamo numerose citazioni tratte da Ippocrate, Celso, Galeno e Paolo di Egina, quasi sempre attraverso traduzioni latine derivate da versioni arabe.

 

Oltre alla semplice trascrizione, i monaci svilupparono una vera e propria farmacopea monastica, basata sullo studio empirico delle piante medicinali.
Nei monasteri sorsero erboristerie — alimentate dagli horti simplicium, orti destinati alla coltivazione di piante officinali — seguendo i precetti ereditati dall’antichità.

Le osservazioni farmacologiche e terapeutiche venivano annotate in codici miniati e in manuali che furono tramandati nei secoli.

 

Anche altri ordini, come i Camaldolesi, i Cluniacensi e i Cistercensi, contribuirono alla salvaguardia e alla diffusione del sapere medico classico, ampliando così la portata di questo sforzo culturale.

 

Nella penombra dei chiostri, lontano dal caos delle invasioni barbariche e dal declino urbano, la medicina trovò rifugio nel silenzio della preghiera e nel ritmo paziente della trascrizione.

I testi copiati nei monasteri, secoli dopo, costituiranno la base della grande rinascita medica del XII secolo, quando, con la fondazione delle prime università, torneranno ad essere studiati, commentati e rielaborati da medici e filosofi.

IL BASSO MEDIOEVO E LA RINASCITA DELLA MEDICINA IN EUROPA

La rinascita della medicina nel Basso Medioevo si sviluppò lungo tre direttrici principali:

 1. La Medicina Bizantina

L'Impero Romano d'Oriente fu la naturale continuazione dell’organizzazione sociale e della cultura romana fino alla sua caduta nel 1453.
I medici bizantini furono fedeli agli insegnamenti di Ippocrate e Galeno, senza introdurre significative innovazioni.

Tra i medici più rappresentativi ricordiamo:

  • Oribasio di Pergamo (325-403), autore della monumentale Collectiones Medicæ, in cui riassunse e sistematizzò il sapere medico di Ippocrate e Galeno;

  • Paolo di Egina (625-690), autore del De Re Medica, un compendio che sintetizzava l’opera dei principali medici antichi. Il De re Medica fu uno dei manoscritti salvati dai monaci nestoriani e tradotto in arabo. Nel IX secolo venne a sua volta tradotto in latino e divenne uno dei testi di riferimento della Scuola Salernitana, oltre a essere frequentemente copiato nei monasteri. Grazie a lui e a Oribasio di Pergamo si sono conservate parti fondamentali di alcune opere di Galeno andate perdute.

Frontespizio del De Re Medica di Paolo di Egina

Il De Re Medica di Paolo di Egina è un manoscritto enciclopedico nel quale sono raccolti i trattati di Ippocrate, Celso e Galeno in modo quasi testuale. Viene più volte citato dagli autori arabi e da Girolamo Fabrizio da Acquapendente, quasi nove secoli più tardi. È stato uno dei manoscritti più letti e copiati in epoca medioevale perché permetteva un accesso diretto ed affidabile agli insegnamenti dei medici greci e romani.

2. La Medicina Araba

In poco più di centocinquanta anni dalla morte di Maometto (632 d.C.), gli Arabi conquistarono un vastissimo territorio, esteso dall'India alla Spagna.

In breve tempo, un popolo di pastori nomadi si trasformò in una civiltà raffinata, capace di assimilare e valorizzare l'eredità culturale greco-romana, soprattutto nei campi dell'astronomia, della filosofia e della medicina.

I trattati di Ippocrate, Galeno, Paolo di Egina e di altri medici greci, salvati dai monaci nestoriani dopo l'Editto di Tessalonica, furono tradotti in arabo e integrati con la tradizione medica persiana.

 

A causa del divieto religioso di praticare dissezioni anatomiche, i progressi in anatomia furono limitati.
Tuttavia, in altri campi la medicina araba si sviluppò notevolmente:

  • Nuove malattie neurologiche e psichiatriche furono descritte per la prima volta;

  • Si rafforzò il concetto di relazione etica e psicologica tra medico e paziente;

  • Sorsero ospedali all'avanguardia nelle grandi città islamiche;

  • La farmacopea si arricchì anche grazie allo studio della chimica, fiorente ad Alessandria, nonostante la distruzione della Biblioteca.

 

L’eredità greco-romana rientrò poi in Europa seguendo due percorsi:

  • La traduzione latina dei testi arabi a opera di studiosi attivi a Toledo e Cordova, come Geraldo da Cremona (1114–1187);

  • La Scuola Medica Salernitana, che si avvalse delle traduzioni di Costantino l’Africano (1020–1087).

 

Tra i principali medici arabi ricordiamo:

  • Rhazes (865-925), medico persiano, lavoro principalmente a Baghdad. Scrisse il Continens Liber nel quale apporta alcune correzioni degli errori di Galeno e che contiene il primo trattato sistematico sulle malattie infettive.

  • Albucasis (936-1013) è considerato uno dei padri della chirurgia moderna. È l’autore del Liber Theoricae necnom Practicæ nel quale descrive con attenzione la terapia di molte malattie proctologiche, come le emorroidi e le fistole anali.

Frontespizio del liber Theoricæ necnom Practicæ di Albucassis

Albucasis deve essere considerato uno dei padri della chirurgia moderna. Il Liber Theoricæ necnom Practicæ viene più volte richiamato nella Chirurgia Magna di Guy de Chauliac, due secoli più tardi. Nel XVI secolo, Ambrose Paré gli dedicherà un'intero libro nella sua opera monumentale Oeuvres.

In questo trattato troviamo una delle prime descrizione della Ragade Anale, con differenziazione del trattamento, diversamente da Celso, fra forme acute e croniche.

Albucasis: terapia della Ragadi Anale. Testo latino e libera traduzione in italiano.

Scissura sit ex humoribus calidis fluentibus ad anum, aut ex retentione naturae et siccitate egestionis, vel ex potu acutarum medicinarum urentium, sicut aloes, esula, colocynthis et similium. Signum scissurae est: quia sensui patet et est cum dolore, et alleviatur lenitione naturae. Curatio eius: si praevaluerit infirmus calore, fiat flebotomia, et extinguatur acumen cholerae nigrae cum cibis et medicinis. Et utatur de his simplicibus quantum potest: mucilagine seminis citoniorum, aut mucilagine gummi dragantis. Vel fiat unguentum ex: pinguedine gallinae et anatis, cera alba, violis, oleo alhirag, semine lini, medulla cruris vaccae. Fiat ex eis omnibus, vel ex pluribus, vel ex aliquibus ipsorum. Et ubi non est apostema nec acumen, conferat ei: ℞ accipiatur vitellum ovi et coquat cum vino et oleo rosato, et unguatur cum eo anus, hoc enim sedat dolorem in momento. Vel fiat almosmas, in quo dissolutum sit bdellium, et unguatur cum eo. Et ubi apparet scissura continua, conferat ei sedere in aqua alkanicam (alcalina), et superponatur ano anetum ustum et pulvis molendini. Et si fuerit cum scissura pulsatio et fortis calor cum acumine, bibat ex psyllio tribus unciis, assato et distemperato cum oleo rosato. Et abluatur anus frequenter, et postea ungatur cum oleo rosato. Et aspergantur desuper limaces ustae. Vel accipiatur vitellum ovi assatum, lithargirum lotum et album, et oleum rosatum, et permisceantur. Et fiat ex eis emplastrum, cum quo emplastretur locus; et confert scissurae quae est absque acumine. Teratur bdellium cum pinguedine, et fiant ex eis pilulae ad modum avellanarum, et suffumigetur cum illis: et confert scissurae. Et si aegritudo est antiquata, oportet fricare locum quousque exeat multus sanguis; postea vero curetur cum unguento Alnachli. Modus unguenti albi conferentis scissurae, ustioni et pulsationi: cerae albae ℥ iii, olei amygdalarum dulcium ℥ iii, medullae crurium vaccae ℥ iii. Misceantur haec cum oleo rosato et apponantur. Accipiantur et ungatur cum eis postquam infrigidatum fuerit. Et oportet omnino cavere a retentione naturae in his qui habent scissuram in ano: quoniam retentio naturae eam auget et confirmat, et facit eam evenire.

La ragade anale può derivare da umori caldi che scorrono verso l’ano, oppure dalla ritenzione delle feci e dalla secchezza dell’evacuazione, o anche dall’ingestione di medicinali acuti e urenti, come l’aloe, l’euforbia (esula), la colocintide e simili. Il segno della ragade è che è visibile ai sensi, dolorosa, ma si allevia con l’ammorbidimento della funzione intestinale. Trattamento: se il paziente è colpito da un eccesso di calore, si esegua un salasso, e si estingua l’acume della bile nera (cholera nigra) con alimenti e rimedi adatti. Si usino, per quanto possibile, rimedi semplici: mucillagine dei semi di cotogno o di gomma dragante. In alternativa, si prepari un unguento con: grasso di gallina e d’anatra, cera bianca, viole, olio di alhirag (probabilmente un olio medicinale orientale), semi di lino e midollo di gamba di vacca. L’unguento può essere preparato con tutti questi ingredienti, o solo con alcuni. Quando non vi sia infiammazione (apostema) né acume, può essere utile il seguente rimedio: si prenda il tuorlo d’uovo, lo si faccia bollire con vino e olio rosato, e si unga l’ano: questo allevia immediatamente il dolore. Oppure, si prepari un almosmas (impasto profumato medicinale) in cui si sciolga il bdellio (resina gommosa) e si applichi come unguento. Se la ragade è profonda e continua, si consiglia di sedersi in acqua alcalina e di applicare sull’ano aneto bruciato e polvere di mulino (forse crusca finissima). Se è presente pulsazione e forte calore con infiammazione, si beva psillio (plantago psyllium) tostato e miscelato con olio rosato. L’ano va lavato frequentemente e poi unto con olio di rosa; si possono anche applicare lumache arrostite (secondo la medicina umorale, rinfrescanti). In alternativa, si prenda tuorlo d’uovo cotto, litargirio (ossido di piombo, usato allora come astringente), albume d’uovo e olio rosato, si mescoli il tutto e si applichi come emplastro sulla parte: efficace per ragadi non infiammate. Il bdellio pestato con grasso può essere modellato in pillole della dimensione di nocciole e fumigato: questo aiuta nel trattamento. Se la condizione è antica (cronicizzata), si deve frizionare la zona fino a far uscire sangue, e poi trattare con unguento Alnachli (non identificato con certezza, forse un composto rinfrescante). Ricetta dell’unguento bianco utile per ragadi con ustione e pulsazione: cera bianca 3 once, olio di mandorle dolci 3 once, midollo di gamba di vacca 3 once. Mescolare con olio rosato e applicare. Si deve usare solo dopo che il composto è stato raffreddato. È fondamentale evitare la stipsi, perché la ritenzione delle feci aggrava e prolunga la ragade, rendendola cronica.

  • Avicenna (980-1037), il più famoso dei medici arabi, è stato l’autore del Canone che divenne il principale testo medico europeo fino al Rinascimento. Integrò i principi della medicina ippocratica con quelli della tradizione medica persiana in modo sistematico ed autorevole, al punto di poter essere ritenuto responsabile della perpetrazione degli errori di Galeno nella pratica medica medioevale.

Canone di Avicenna, primo foglio di un manoscritto con la traduzione in ebraico

Traduzione in ebraico del Canone di Avicenna. L'opera è organizzata in Libri, Capitoli e Tesi. Ogni argomento è trattato in modo rigoroso e dettagliato, come se si trattasse di dimostrazioni matematiche. Da questo schematismo razionale derivano i caratteri di rigore ed assolutezza che ne decreteranno il successo fino al XVI secolo. 

Notradamus lo ritiene il maggiore responsabile della stagnazione della medicina sui principi galenici che ritiene superati.

  • Avenzoar (1091-1161), con il Rectificatio medicationis et regimis, e Averroè (1126-1198), con il Colliget Averrois, contribuirono all'evoluzione della medicina clinica, pur restando nella tradizione ippocratica.

  • Maimonide (1135-1204) nel De Regimine Sanitatis ad Soldanum Saladinum ribadì l'importanza dell’igiene e dell’alimentazione nella prevenzione delle malattie, e nel Trattato sulle emorroidi individuò per la prima volta la relazione tra dieta ed emorroidi. Si opponeva alla chirurgia, se non strettamente necessaria, perché non curava le cause della malattia.

 

Attraverso gli ebrei andalusi, molti dei testi medici arabi vennero tradotti in latino e reintrodotti in Europa, ponendo le basi per la successiva rinascita scientifica.

 

3. La Scuola Medica Salernitana

A partire dall'XI secolo, Salerno divenne uno dei più importanti centri scientifici d’Europa.
Già attiva nel IX secolo, la Scuola fiorì per la sua posizione strategica tra Oriente e Occidente e grazie all'appoggio di Federico II, che ne sancì la supremazia con la Costituzione di Melfi (1231).

 

Non si trattava ancora di un’università moderna, bensì di una scuola laica e cosmopolita, aperta ad ecclesiastici e laici, uomini e donne.
Il suo approccio pratico ed empirico contrastava con il generale disinteresse per la chirurgia che dominava il mondo cristiano.

 

A Salerno confluirono gli insegnamenti di:

  • Ippocrate

  • Galeno

  • Celso

  • Paolo di Egina

  • Avicenna

  • Rhazes

  • Albucasis

grazie soprattutto alle traduzioni di Costantino l’Africano.

 

Il testo più celebre fu il Regimen Sanitatis Salernitanum, un trattato di medicina preventiva scritto in versi latini che godette di una straordinaria popolarità per secoli.

 

Particolare rilievo ebbe la figura di Trotula de Ruggiero, medichessa salernitana della seconda metà dell'XI secolo, specializzata in ginecologia e salute femminile.

Tra i primi maestri della scuola troviamo Ruggero Parmense (XI secolo), che descrisse l'uso di un setone fatto con 3-4 crini di cavallo intrecciati fra loro e imbevuti con l'Unguentum Ruptorium (a base di calce e sapone), per ridurre la durata e il dolore della cura.

IL DECLINO DELLA SCUOLA DI SALERNO E LA NASCITA DELLA MEDICINA UNIVERSITARIA

Nel corso del XIII secolo, con la fondazione delle prime università in Italia e in Francia — Bologna (1088), Padova (1222), Montpellier (1150) e Parigi (1200) — si affermò una nuova medicina accademica e laica, basata su:

  • l'insegnamento teorico;

  • il confronto dialettico;

  • la sperimentazione pratica.

Il latino rimase la lingua ufficiale della scienza, ma si diffuse progressivamente l'interesse per la traduzione diretta dei testi originali greci e arabi, superando le precedenti mediazioni culturali.

 

In questo nuovo scenario, emersero grandi figure di medici che diedero nuovo impulso agli studi anatomici, fisiologici e chirurgici:

 

Guglielmo da Saliceto (1210–1277)

Medico bolognese, fu tra i primi a criticare apertamente i dogmi di Galeno e dei medici arabi.
Abbandonò l'uso del cauterio per il trattamento delle ferite, promuovendo invece la sutura chirurgica, pratica più rispettosa dei tessuti. Il suo trattato Chirurgia fu un'opera fondamentale che organizzo, in modo razionale e moderno, molte pratiche chirurgiche. A lui si deve anche una delle prime sistemazioni accademiche delle pratiche proctologiche.

Lanfranco da Milano: Terapia della ragade Anale. Testo latino e libera traduzione in italiano.

Scissura sit ex humoribus calidis fluentibus ad anum, aut ex retentione naturae et siccitate egestionis, vel ex potu acutarum medicinarum urentium, sicut aloes, esula, colocynthis et similium. Signum scissurae est: quia sensui patet et est cum dolore, et alleviatur lenitione naturae. Curatio eius: si praevaluerit infirmus calore, fiat flebotomia, et extinguatur acumen cholerae nigrae cum cibis et medicinis. Et utatur de his simplicibus quantum potest: mucilagine seminis citoniorum, aut mucilagine gummi dragantis. Vel fiat unguentum ex: pinguedine gallinae et anatis, cera alba, violis, oleo alhirag, semine lini, medulla cruris vaccae. Fiat ex eis omnibus, vel ex pluribus, vel ex aliquibus ipsorum. Et ubi non est apostema nec acumen, conferat ei: ℞ accipiatur vitellum ovi et coquat cum vino et oleo rosato, et unguatur cum eo anus, hoc enim sedat dolorem in momento. Vel fiat almosmas, in quo dissolutum sit bdellium, et unguatur cum eo. Et ubi apparet scissura continua, conferat ei sedere in aqua alkanicam (alcalina), et superponatur ano anetum ustum et pulvis molendini. Et si fuerit cum scissura pulsatio et fortis calor cum acumine, bibat ex psyllio tribus unciis, assato et distemperato cum oleo rosato. Et abluatur anus frequenter, et postea ungatur cum oleo rosato. Et aspergantur desuper limaces ustae. Vel accipiatur vitellum ovi assatum, lithargirum lotum et album, et oleum rosatum, et permisceantur. Et fiat ex eis emplastrum, cum quo emplastretur locus; et confert scissurae quae est absque acumine. Teratur bdellium cum pinguedine, et fiant ex eis pilulae ad modum avellanarum, et suffumigetur cum illis: et confert scissurae. Et si aegritudo est antiquata, oportet fricare locum quousque exeat multus sanguis; postea vero curetur cum unguento Alnachli. Modus unguenti albi conferentis scissurae, ustioni et pulsationi: cerae albae ℥ iii, olei amygdalarum dulcium ℥ iii, medullae crurium vaccae ℥ iii. Misceantur haec cum oleo rosato et apponantur. Accipiantur et ungatur cum eis postquam infrigidatum fuerit. Et oportet omnino cavere a retentione naturae in his qui habent scissuram in ano: quoniam retentio naturae eam auget et confirmat, et facit eam evenire.

La ragade anale può derivare da umori caldi che scorrono verso l’ano, oppure dalla ritenzione delle feci e dalla secchezza dell’evacuazione, o anche dall’ingestione di medicinali acuti e urenti, come l’aloe, l’euforbia (esula), la colocintide e simili. Il segno della ragade è che è visibile ai sensi, dolorosa, ma si allevia con l’ammorbidimento della funzione intestinale. Trattamento: se il paziente è colpito da un eccesso di calore, si esegua un salasso, e si estingua l’acume della bile nera (cholera nigra) con alimenti e rimedi adatti. Si usino, per quanto possibile, rimedi semplici: mucillagine dei semi di cotogno o di gomma dragante. In alternativa, si prepari un unguento con: grasso di gallina e d’anatra, cera bianca, viole, olio di alhirag (probabilmente un olio medicinale orientale), semi di lino e midollo di gamba di vacca. L’unguento può essere preparato con tutti questi ingredienti, o solo con alcuni. Quando non vi sia infiammazione (apostema) né acume, può essere utile il seguente rimedio: si prenda il tuorlo d’uovo, lo si faccia bollire con vino e olio rosato, e si unga l’ano: questo allevia immediatamente il dolore. Oppure, si prepari un almosmas (impasto profumato medicinale) in cui si sciolga il bdellio (resina gommosa) e si applichi come unguento. Se la ragade è profonda e continua, si consiglia di sedersi in acqua alcalina e di applicare sull’ano aneto bruciato e polvere di mulino (forse crusca finissima). Se è presente pulsazione e forte calore con infiammazione, si beva psillio (plantago psyllium) tostato e miscelato con olio rosato. L’ano va lavato frequentemente e poi unto con olio di rosa; si possono anche applicare lumache arrostite (secondo la medicina umorale, rinfrescanti). In alternativa, si prenda tuorlo d’uovo cotto, litargirio (ossido di piombo, usato allora come astringente), albume d’uovo e olio rosato, si mescoli il tutto e si applichi come emplastro sulla parte: efficace per ragadi non infiammate. Il bdellio pestato con grasso può essere modellato in pillole della dimensione di nocciole e fumigato: questo aiuta nel trattamento. Se la condizione è antica (cronicizzata), si deve frizionare la zona fino a far uscire sangue, e poi trattare con unguento Alnachli (non identificato con certezza, forse un composto rinfrescante). Ricetta dell’unguento bianco utile per ragadi con ustione e pulsazione: cera bianca 3 once, olio di mandorle dolci 3 once, midollo di gamba di vacca 3 once. Mescolare con olio rosato e applicare. Si deve usare solo dopo che il composto è stato raffreddato. È fondamentale evitare la stipsi, perché la ritenzione delle feci aggrava e prolunga la ragade, rendendola cronica.

Mondino de' Liuzzi (1270–1326)

Anatomista bolognese, è considerato il fondatore dell'anatomia moderna.
Nel 1316 pubblicò il trattato Anathomia, il primo manuale di anatomia utilizzato nelle università.

Mondino ebbe il coraggio di tornare alla dissezione dei cadaveri, pur nel rispetto dei limiti imposti dalla Chiesa.
Il suo contributo fu fondamentale per la comprensione della struttura ano-rettale, gettando le basi per futuri sviluppi nella chirurgia proctologica.

Lanfranco da Milano (1250–1315)

Allievo di Guglielmo da Saliceto, studiò a Bologna ed esercitò a Milano e Lione ed insegnò a Parigi.
Autore della Chirurgia Parva e della Chirurgia Magna, fu uno dei primi a organizzare in modo sistematico le conoscenze chirurgiche. I suoi trattati furono anche i primi testi medici a essere stampati in Francia.

In campo proctologico, approfondì l'uso dell'incisione e del drenaggio per trattare ascessi e fistole perianali, migliorando sensibilmente i risultati rispetto alle tecniche precedenti.

Henri de Mondeville (circa 1260–1320)

Francese, allievo di Lanfranco da Milano e di Guglielmo da Saliceto, fu chirurgo alla corte di Filippo il Bello.
Autore di una Chyrurgia di stampo enciclopedico, si distinse per:

  • un'attenzione particolare al dolore del paziente;

  • l'importanza dell'igiene post-operatoria;

  • un approccio più empirico e meno dogmatico alla pratica chirurgica.

Mondeville anticipava così alcuni concetti che saranno ripresi secoli dopo con l’introduzione dell’asepsi.

 

Guy de Chauliac (1298–1368)

Figura cardine della chirurgia medievale, studiò a Montpellier, Parigi e Bologna.
Fu archiatra dei papi ad Avignone e autore della Chirurgia Magna, un'opera enciclopedica che raccolse il sapere chirurgico di Salerno, Bologna e Padova.

Chauliac si richiamava esplicitamente all'approccio di Ippocrate, sottolineando l'importanza:

  • dell'osservazione clinica;

  • della prudenza nell'intervenire chirurgicamente.

Durante l'epidemia di Peste Nera (1348), di cui sopravvisse, descrisse in modo accurato le forme bubbonica e polmonare.

In campo proctologico:

  • Distinse correttamente tra emorroidi interne ed esterne;

  • Raccomandava di trattare chirurgicamente solo le emorroidi che sanguinavano con frequenza, e di risparmiarne almeno una, per non interrompere completamente il "flusso benefico" degli umori — un principio che tornerà in auge nel XX secolo, anche se con altre motivazioni;

  • Nel trattamento delle fistole anali, eseguiva le tecniche di fistulotomia e l’uso del setone, ribadendo il pericolo di affidarsi a chirurghi inesperti o a ciarlatani. A tal proposito, citando Albucasis, ammonisce: "La cura delle fistole è fatica vana se affidata a medici stolti."

Frontespizio della Chirurgia Magna di Guy de Chauliac

La Chirurgia Magna di Guy de Chauliac è un trattato enciclopedico nel quale sono raccolti gli insegnamenti delle scuole mediche di Salerno, Bologna e Padova. Nella sua trattazione sottolinea l'importanza dell'osservazione clinica e della prudenza nell'esecuzione degli interventi. È un testo che sarà alla base della formazione dei chirurghi nei secoli successivi.

John of Arderne (1307–1392)

In Inghilterra, John of Arderne descrisse per la prima volta una condizione frequente nei cavalieri che chiamò fistola anale, oggi riconosciuta come cisti pilonidale.

Propose:

  • l'apertura chirurgica della cisti;

  • la guarigione per seconda intenzione, anticipando concetti ancora validi.

 

Durante tutto il Medioevo, sebbene la medicina continuasse a essere dominata dalla tradizione di Galeno, cominciarono a emergere sempre più frequentemente gli errori e le incongruenze dei suoi modelli anatomici e fisiologici.

Iniziava a germogliare la necessità di una revisione critica della medicina antica e di una nuova stagione di studio fondato sull'osservazione diretta e sulla sperimentazione.

 

​Due figure furono decisive in questo processo:

  • Alberto Magno (1200-1280), domenicano, riconobbe il valore dell’esperimento nello studio della natura;

  • Ruggero Bacone (1219-1292), francescano, fu il primo a teorizzare il metodo sperimentale come fondamento del sapere scientifico.

Questa nuova mentalità getterà le basi per la medicina rinascimentale e, più in generale, per la nascita della scienza moderna.

IL RINASCIMENTO E LA NASCITA DELLA MEDICINA MODERNA

Tra la fine del Quattrocento e la metà del Seicento, la medicina conobbe progressi superiori a quelli compiuti nell’intero millennio precedente.


Se Copernico sovvertì la concezione tolemaica dell'universo, Vesalio e i suoi successori rivoluzionarono l'anatomia umana, segnando la fine dell'autorità assoluta di Ippocrate e Galeno.

Con il Rinascimento si affermò un nuovo metodo di conoscenza basato sull’esperienza diretta, sulla dissezione sistematica dei corpi e sull’osservazione critica dei fenomeni naturali.

Paracelso (1493–1541)

Fu uno dei primi grandi critici della medicina tradizionale:

  • Rifiutava i dogmi di Galeno e dei medici arabi, e criticava quelli che si limitavano a ripetere meccanicamente gli antichi insegnamenti.

  • Sosteneva che l'esperienza diretta era superiore all'autorità dei testi antichi.

  • Promosse l'uso di nuovi composti chimici nella terapia, superando la farmacopea tradizionale.

Nel suo Opus Chyrurgicum (1565), pubblicato postumo, dichiarava:

I miei libri non sono stati scritti copiando Ippocrate e Galeno; li ho composti sulla base dell’esperienza.

Paracelso può essere considerato il fondatore della chimica medica e uno dei padri della farmacologia moderna.

Jean Fernel (1497–1558)

Professore all'Università di Parigi, Fernel è noto per aver introdotto i termini Fisiologia e Patologia, definendo così due discipline che ancora oggi sono pilastri fondamentali della medicina.

Il Royal College of Physicians (1518)

Nel 1518, Enrico VIII istituì a Londra il Royal College of Physicians, che aveva il compito di:

  • Regolare la pratica medica;

  • Difendere la professione dagli empirici e dagli abusivi;

  • Promuovere una medicina basata sulla formazione universitaria.

Il suo primo rettore, Thomas Linacre (1460–1524), amava ripetere:

"Il temperamento del medico può giovare alla guarigione del malato più della medicina stessa."

Una concezione che poneva già l'accento sull'importanza dell'aspetto umano nella relazione di cura.

Andreas Vesalio (1514–1564)

Professore all'Università di Padova, Vesalio pubblicò nel 1543 il De Humani Corporis Fabrica, il più importante trattato di anatomia della storia.
Basandosi su centinaia di dissezioni, Vesalio:

  • Smentì molte affermazioni di Galeno, che aveva descritto un'anatomia animale, non umana.

  • Corresse errori macroscopici, tra cui quelli riguardanti lo scheletro e il sistema vascolare.

  • Descrisse con precisione per la prima volta gli sfinteri anali, la cui esistenza era intuita ma mai documentata in modo scientifico.

Nonostante alcuni errori, Vesalio gettò le basi della moderna anatomia.

Gabriele Falloppio (1523–1562)

Allievo e successore di Vesalio a Padova, Gabriele Falloppio correggerà alcune imprecisioni del suo maestro nel trattato Tabulæ Anatomicae.
Contribuì in particolare allo studio dettagliato dell’anatomia ano-rettale e dell’apparato genitale.

Frontespizio del De Humani Corporis Fabrica di Andreas Vesalio

Andreas Vesalio può essere considerato il padre dell'anatomia moderna. Nel De Humani Corporis Fabrica rivoluzionò le conoscenze anatomiche fino a quel momento basate sulle affermazioni di Galeno. I suoi studi ebbero una notevole diffusione nonostante avessero sollevato proteste e perplessità anche nella stessa università di Padova. Negli studi anatomici era stato preceduto da Leonardo da Vinci che è a tutti gli effetti l'ideatore dell'illustrazione medica.

Ambroise Paré (1517–1590)

Paré, chirurgo militare francese, fu un innovatore della pratica medica e chirurgica:

  • Rifiutò il latino accademico, scrivendo le sue Oeuvres direttamente in francese;

  • Semplificò e umanizzò la chirurgia, ponendo grande attenzione al controllo del dolore e alla cura delle ferite;

  • Introdusse l’uso delle legature per arrestare le emorragie, abbandonando il cauterio rovente o l'olio bollente.

In campo proctologico:

  • Perfezionò l’uso di sonde e specilli per il posizionamento più sicuro e preciso dei setoni per il trattamento delle fistole anali.

Pagina sulla terapia delle fistole anali da Oeuvres di Ambrose Paré

L' Ouvres di Ambrose Paré è stato uno dei trattati più tradotti nelle altre lingue europee fino a tutto il XIX secolo. Pur non rigettando la Teoria degli Umori, era in disaccordo con i Galeno su molti aspetti pratici delle terapie chirurgiche. Perfezionò  il trattamento delle fistole anali con l'invenzione di sonde e specilli che avrebbero agevolato il corretto posizionamento dei setoni.

Paré può essere considerato uno dei padri della chirurgia moderna. Il Oeuvres  è un trattato composto da 30 libri per un totale di 1482 pagine. Un intero libro è dedicato alla trattazione della chirurgia secondo Albucassis. Nei diversi libri vengono trattati l'eziologia delle malattie, secondo gli insegnamenti ippocratici, l'embriologia, l'anatomia umana  e la terapia medica e chirurgica delle malattie e dei traumi. Particolare attenzione viene data alle tecniche di bendaggio delle ferite, all'immobilizzazione delle fratture ed ai presidi ortopedici in caso di menomazioni. L''intero testo è ricchissimo di illustrazioni, fatto che, insieme alla trattazione sintetica e razionale degli argomenti, ne ha decretato il successo fino al XIX secolo.

Ambroise Paré: terapia medica delle emorroidi. Originale in francese e libera traduzione in italiano

Pour la curation, lorsqu'elles fluent trop, on y appliquera une tente faite de poil de lièvre, couverte d’un tel médicament. ℞ pulv. thuris, balaust., sang. drac. ā ʒ*, incorp. omnia cum alb. ovi, fiat medicamentum ad usum. Autre. Prenez du drapeau comme si on le voulait mettre en un fusil, et le mettez dessus. Et lorsqu'elles sont fort tuméfiées sans être ouvertes, on doit faire cuire un oignon sous la cendre, et piler ensemble un fiel de bœuf, et de tout ce en faire médicament, qui sera appliqué et renouvelé de cinq en cinq heures. Tel remède est propre lorsqu'elles sont internes et cachées, et lorsqu'elles sont apparentes on y appliquera des sangsues, ou bien on fera ouverture avec la lancette. Le suc et marc de l’herbe nommée galiopsis, autrement ortie de Labeon, posé sur les hémorroïdes, les ouvre et fait saigner, aussi soigne les champignons et thymus qui sont autour du siège. S’il y a grande ardeur, cuisson et douleur, on fera asseoir le malade à un demi bain; et s’il y a quelques ulcères, on appliquera tel médicament: ℞ olei ros. ℥iiij, cerus. ℥j, litharg. ʒ℥, cerae novae ℥vj, opii ℥i, fiat unguentum secundum artem. Autre pour calmer les grandes douleurs et étreintes: ℞ thur., myrrh., croci ā ʒj, opii ℥j, fiat unguentum cum oleo rosae et mucag. sem. psyllii, addendo vitellum unius ovi. Autre. Prenez feuilles de sauge, de consolida media, d’achillée millefeuille, et de lierre terrestre, de chacune une demi poignée, pilées dans un mortier avec jaune d’œuf; et de ce remède en appliquer sur le mal. Autre. ℞ unguenti populeonis ℥ii, vitellum ovorum, nu-beurre frais, le tout lavé en eau de rose, soit fait unguentum. Le reste de la cure se parachevera ainsi qu’il sera nécessaire.

Per la cura, quando le emorroidi colano troppo, si applicherà una cannula fatta con pelo di lepre, ricoperta con il seguente medicamento. ℞ polvere di incenso, balausti, sangue di drago ā ʒ℥, mescolare tutto con albume d’uovo, e fare un medicamento per uso. Altro. Prendere del giaggiolo come se lo si volesse infilare in una cannuccia, e lo si mette sopra. E quando sono molto gonfie senza essere aperte, si deve cuocere una cipolla sotto la cenere e pestare insieme con fiele di bue, e con tutto ciò fare un medicamento, che sarà applicato e rinnovato ogni cinque ore. Tale rimedio è adatto quando le emorroidi sono interne e nascoste, e quando sono visibili si applicheranno sanguisughe oppure si farà apertura con la lancetta. Il succo e la parte solida dell’erba chiamata galiopsis, o ortica di Labeone, posta sulle emorroidi, le apre e le fa sanguinare, e cura anche i funghi e le escrescenze attorno all’ano. Se c'è forte bruciore, calore e dolore, si farà sedere il malato in un semicupio; e se ci sono ulcere, si applicherà il seguente medicamento: ℞ olio di rose ℥iiij, cerussa ℥j, litargirio ʒ℥, cera nuova ℥vj, oppio ℥i, si faccia un unguento secondo arte. Altro per calmare forti dolori e spasmi: ℞ incenso, mirra, zafferano ā ʒj, oppio ℥j, si faccia un unguento con olio di rosa e mucillagine di semi di psillio, aggiungendo il tuorlo di un uovo. Altro. Prendere foglie di salvia, consolida media, millefoglio, e edera terrestre, mezza manciata ciascuna, pestate in un mortaio con tuorlo d’uovo; e di questo medicamento applicare sulla parte malata. Altro. ℞ unguento di pioppo ℥ii, tuorlo d’uovo, burro fresco, il tutto lavato con acqua di rose, si faccia un unguento. Il resto della cura si completerà secondo necessità.

Gerolamo Fabrizio d’Acquapendente (1533–1619)

Allievo di Falloppio e suo successore nell'insegnamento a Padova, Fabrizio:

  • Costruì il celebre Teatro Anatomico (1594), il primo teatro anatomico in Europa;

  • Con il suo Opera Chirurgica consolidò la chirurgia come disciplina autonoma.

Nel campo proctologico:

  • Raccomandava il trattamento chirurgico delle fistole anali solo dopo una precisa valutazione del rischio per la continenza;

  • Consigliava il setone o la fistolotomia a seconda della posizione e complessità della fistola, secondo criteri tuttora validi.​

Frontespizio de Opera Chirurgica di Gerolamo Fabrizio da Acquapendente

Nell'Opera Chirurgica, Gerolamo Fabrizio da Aquapendente riorganizza la pratica medica e chirurgica sulla base degli studi di Vesalio e Falloppio, senza mai mostrarsi in aperto disaccordo con Galeno. Il rigore nell'esposizione delle tecniche chirurgiche, associato alla notevole esperienza clinica, guida il medico verso una razionale scelta dei trattamenti più efficaci e meno rischiosi. Alcuni preparati galenici da lui descritti per il trattamento delle emorroidi  sono tuttora in uso come antiemorroidari e per la prevenzione dei cheloidi cicatriziali.

William Harvey (1578–1657)

Harvey, anch'egli studente a Padova, fu influenzato dal metodo sperimentale di Galileo Galilei che era professore in quell’università durante la sua permanenza.
Nel Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628), studiò la circolazione sanguigna:

  • Superando definitivamente il dogma galenico che vedeva il fegato come centro della circolazione;

  • Fornendo una base razionale alla comprensione delle vene emorroidarie.

Da questo momento, le emorroidi non furono più associate a "umori melanconici" originati dal fegato, ma comprese nel contesto della fisiopatologia vascolare.

Cartesio (1596–1650)

Cartesio, attraverso i suoi studi anatomici, confermò le scoperte di Harvey e consolidò l'idea che il corpo umano dovesse essere studiato con metodo razionale e scientifico.

Shakespeare e la fistola anale

Curiosamente, nella commedia Tutto è bene quel che finisce bene (1602), Shakespeare descrive la guarigione del re di Francia da una malattia misteriosa che si rivelerà essere una fistola anale.
Anche un re, sembra suggerire Shakespeare, è disposto a tutto pur di guarire da un male così debilitante.

Luigi XIV e il trattamento chirurgico delle fistole anali

La storia di Luigi XIV (1638-1715) illustra bene i limiti delle terapie mediche tradizionali per la fistola anale:

  • Dopo vani tentativi terapeutici, il re pretese un intervento chirurgico secondo le tecniche di Girolamo Fabrizio d’Acquapendente;

  • Subì ben tre interventi, ma alla fine guarì;

  • Il successo dei chirurghi Felix e Besieres fu tale da cambiare il prestigio della chirurgia di corte.

Per l’occasione, Versailles si dotò di bagni, fino ad allora assenti: un piccolo ma significativo passo verso una maggiore attenzione all’igiene personale.

Con l'introduzione del microscopio, grazie a studiosi come Marcello Malpighi (1628–1694), cominciarono a svilupparsi nuovi campi come l'istologia e l'embriologia.

Malpighi fu maestro di Antonio Maria Valsalva (1666–1723), a sua volta insegnante di Giovanni Battista Morgagni (1682–1771), considerato il padre dell’anatomia patologica. Il suo De sedibus et causis Morborum (1761) è organizzato in modo simile al Canone di Avicenna. A proposito del cancro del retto, sottolinea la sua frequente associazione con la malattia emorroidaria da cui va differenziato. Precisa le condizioni che rendono possibile la sua resezione con la tecnica del medico olandese Frederik Ruysch (1638-1731). Descrive, inoltre, i metodi di palliazione delle neoplasie incurabili. In tutta l’opera viene costantemente sottolineata l’importanza dell’atteggiamento rispettoso ed empatico nei confronti del paziente.

LA MEDICINA TRA IL XVII E XIX SECOLO E LA NASCITA DELLA PROCTOLOGIA MODERNA

Dopo l’opera monumentale di Giovanni Battista Morgagni, la medicina europea conobbe una rapida e profonda trasformazione.

Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si affermarono nuovi paradigmi nello studio del corpo umano e della malattia:

  • L’osservazione clinica sistematica sostituì l’antica autorità dei testi classici;

  • La sperimentazione scientifica divenne la base del progresso medico;

  • L'indagine razionale sull'anatomia, sulla fisiologia e sulla patologia inaugurò una nuova stagione nella storia della medicina.

Frontespizio di De sedibus et causis morborum di Giovan Battista Morgagni

Il De Sedibus et Causis Morborum può essere considerato il primo trattato di anatomia patologica della storia. In questa opera Morgagni ripercorre la sua esperienza  clinica, sia personale che al seguito di Valsava, illustrando per ogni caso le cause di malattia, la terapia e, nel caso, i risultati dell'autopsia. Molto dettagliate sono le descrizioni delle malattie proctologiche, dal prolasso, alle emorroidi al cancro del retto. Per quest'ultimo, segnala l'importanza della diagnosi differenziale dalle emorroidi ed indica quando è possibile procedere alla resezione transanale.

La fisiologia e la microbiologia

La fisiologia divenne una disciplina autonoma grazie agli studi di Claude Bernard (1813–1878), che introdusse il concetto di milieu intérieur come ambiente stabile fondamentale per il funzionamento degli organismi viventi.

Nel frattempo, con Louis Pasteur (1822–1895) e Robert Koch (1843–1910), la microbiologia conquistò uno spazio centrale nella comprensione delle malattie infettive:

  • Furono identificate le cause batteriche di numerose patologie;

  • Vennero poste le basi della moderna teoria germinale.

 

L’anestesia e la rivoluzione chirurgica

Negli anni Quaranta dell’Ottocento, l’introduzione dell’anestesia mediante etere e cloroformio rese possibile:

  • Effettuare interventi chirurgici più complessi e lunghi;

  • Ridurre il dolore, migliorando enormemente l’esperienza dei pazienti.

Contemporaneamente, grazie a Joseph Lister (1827–1912), si diffusero le tecniche antisettiche, che ridussero drasticamente la mortalità post-operatoria causata dalle infezioni.

La chirurgia, da arte rischiosa e temuta, iniziò a trasformarsi in una disciplina scientifica, capace di salvare vite.

 

La farmacologia moderna

La farmacologia si affrancò dalla tradizione empirica:

  • Si passò dallo studio empirico delle piante alla sintesi chimica controllata dei principi attivi;

  • Sorsero le prime industrie farmaceutiche;

  • Si cominciò a sviluppare una farmacopea razionale basata su evidenze sperimentali.

 

La nascita della chirurgia specialistica

In questo clima di innovazione si sviluppò l'idea di una chirurgia specialistica:

  • Iniziò a farsi strada il principio che ogni distretto anatomico richiedesse competenze dedicate;

  • La regione ano-rettale, a lungo relegata ai margini della medicina accademica, cominciò a ricevere attenzione autonoma.

 

La nascita della Proctologia moderna: Saint Mark’s Hospital

Nel 1835, a Londra, Frederick Salmon fondò il The Infirmary for the Relief of the Poor afflicted with Fistula and other Diseases of the Rectum, che diventerà poi il Saint Mark's Hospital.

Si trattava del primo ospedale al mondo dedicato esclusivamente alla cura delle malattie rettali.

Frederick Salmon, con coraggio e lungimiranza:

  • Scelse di affrontare patologie ritenute "indegne" dalla medicina ufficiale;

  • Creò un ospedale gratuito, sostenuto da donazioni private (tra cui quelle di Charles Dickens, che vi fu operato di fistola anale).

Il successo dell’iniziativa:

  • Segnò il riconoscimento ufficiale della proctologia come branca specialistica autonoma della chirurgia;

  • Pose le basi per un progresso sistematico nella cura delle malattie ano-rettali.

 

L'affermazione del termine "Proctologia"

Il termine Proctologia iniziò ad diffondersi tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo:

  • Comparve quasi simultaneamente in Francia, Inghilterra e Stati Uniti;

  • Non è possibile attribuirne con certezza la paternità a un singolo autore.

Da allora, la proctologia si è evoluta come disciplina autonoma, con società scientifiche, congressi e riviste dedicate.

LA PROCTOLOGIA NEL XX SECOLO, L’ERA CONTEMPORANEA E LE PROSPETTIVE FUTURE

Nel corso del XX secolo, la proctologia ha conosciuto uno sviluppo straordinario, in parallelo con i progressi generali della medicina e della chirurgia.

I primi decenni del Novecento

  • L'approfondimento delle tecniche di anestesia e asepsi ha reso possibili interventi più complessi e sicuri.

  • La diagnostica ha iniziato a beneficiare delle prime tecniche radiologiche.

  • La chirurgia ano-rettale si è distinta come specialità autonoma della chirurgia generale, con specialisti dedicati.

Nel 1958 venne stampato il primo numero della rivista scientifica Diseases of the Colon & Rectum, che, in meno di un decennio, divenne una delle pubblicazioni più prestigiose per la diffusione delle conoscenze nel campo delle malattie dell'apparato digerente.

La creazione di società scientifiche dedicate ha contribuito a strutturare la disciplina in modo accademico e rigoroso.

 

Le innovazioni della seconda metà del Novecento

Negli ultimi decenni del secolo scorso, la proctologia ha beneficiato di progressi impressionanti:

  • L’evoluzione delle tecniche di imaging radiologico (ecografia, TC, RMN) ha permesso diagnosi sempre più precoci e precise.

  • La biologia molecolare ha aperto nuove vie nella comprensione delle patologie intestinali infiammatorie e tumorali.

  • La chirurgia ha visto l'introduzione di nuovi strumenti come il bisturi armonico e il bisturi a ultrasuoni, riducendo il trauma operatorio e migliorando i tempi di recupero.

 

In campo specificamente proctologico:

  • L’introduzione della resezione con suturatrice circolare, ideata dal chirurgo italiano Antonio Longo, ha rivoluzionato il trattamento del prolasso emorroidario e rettale, rendendolo significativamente meno doloroso e più rapido nel recupero.

  • La nascita del fistuloscopio operativo, ideato da Piercarlo Meinero, ha rappresentato una svolta nella cura delle fistole anali, permettendo un approccio mininvasivo che ha superato le limitazioni dell’antica fistulotomia tradizionale.

 

Anche la radioterapia ha compiuto importanti progressi, grazie allo sviluppo di apparecchiature come gli acceleratori lineari di nuova generazione, in grado di concentrare le radiazioni solo sui tessuti malati, minimizzando i danni collaterali.

UNO SGUARDO AL FUTURO DELLA PROCTOLOGIA

Dopo un cammino durato millenni, la proctologia si trova oggi alla soglia di una nuova era, sospinta dalle possibilità offerte dalla tecnologia e dalla biologia molecolare.

Il futuro di questa disciplina si articolerà su tre assi principali:

  1. Chirurgia mininvasiva sempre più raffinata, capace di trattare patologie complesse con tecniche rispettose dell’integrità anatomica e funzionale del paziente, riducendo dolore, degenza e tempi di recupero.

  2. Personalizzazione delle diagnosi e dei trattamenti, basata su:

    • Analisi genetiche e biomolecolari;

    • Identificazione di marcatori biologici;

    • Sviluppo di modelli predittivi che consentiranno di adattare le terapie alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente.

  3. Integrazione dell’Intelligenza Artificiale come strumento indispensabile:

    • Per l’analisi rapida e precisa dei dati clinici complessi;

    • Per il supporto decisionale nelle strategie terapeutiche;

    • Per l’assistenza intraoperatoria, con sistemi capaci di migliorare la precisione chirurgica in tempo reale.

L'intelligenza artificiale, quindi, non sarà più un semplice ausilio, ma un compagno operativo insostituibile, al pari del bisturi.

 

Una medicina più tecnologica, ma anche più umana

La proctologia del futuro non sarà soltanto più tecnologica: sarà anche più umana, centrata sulla persona e sulle sue esigenze specifiche.

Sarà una medicina:

  • Adattiva, capace di modellarsi sulle caratteristiche individuali;

  • Empatica, fondata sull’esperienza clinica potenziata dall'analisi digitale;

  • Integrata, dove la sapienza antica e l'innovazione tecnologica opereranno finalmente in armonia.

Si apre così un nuovo capitolo, in cui la millenaria storia della proctologia incontra l'orizzonte delle possibilità future, per offrire ai pazienti cure sempre più efficaci, rispettose e personalizzate.

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