
Dott. Antonio Daffinà
proctologoaroma.it

Trattamento della Cisti Pilonidale
Quando operare la cisti pilonidale?
Il trattamento di una cisti pilonidale dipende dallo stadio e dai sintomi. In alcuni casi iniziali e asintomatici, come visto, si può optare per un monitoraggio attivo con misure conservative (igiene e depilazione) senza ricorrere subito al bisturi.
Tuttavia, se la cisti causa sintomi significativi, tende a infettarsi ripetutamente o presenta già tragitti fistolosi, è indicato intervenire chirurgicamente. La chirurgia rappresenta infatti l’unica terapia risolutiva per eliminare il “nidus” di peli e tessuti infetti ed evitare recidive future.
Spesso si arriva all’intervento dopo uno o più episodi di ascesso pilonidale drenato: molti pazienti, infatti, sperimentano un ciclo di miglioramenti temporanei seguiti da nuove infiammazioni finché la cisti non viene asportata definitivamente.
Prima di procedere all’operazione, è importante che l’eventuale infezione acuta sia controllata. In presenza di un ascesso attivo, di solito si effettua prima un drenaggio (incisione) e si lascia guarire la fase acuta in qualche settimana, programmando l’intervento definitivo successivamente, a tessuti “a riposo”. Se invece non vi è ascesso in atto, si può pianificare direttamente l’operazione. Il chirurgo valuterà anche la possibilità di adottare tecniche mininvasive in base alle caratteristiche del caso (dimensioni e numero di fistole, eventuali recidive, ecc.
Chirurgia: tradizionale o mininvasiva?
Nel corso degli anni sono state sviluppate varie tecniche chirurgiche per la cisti pilonidale. Possiamo distinguere due approcci principali:
1. Chirurgia tradizionale “open” (escissione ampia):
È la tecnica classica utilizzata da decenni. Consiste nel rimuovere completamente la cisti pilonidale e tutti i tragitti fistolosi associati con un’incisione ampia a losanga o ovalare, asportando il tessuto interessato fino al sacro. A seconda dei casi, il chirurgo può decidere di:
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Lasciare la ferita aperta (guarigione per seconda intenzione): non si sutura la cute, ma si lascia che la cavità residua guarisca gradualmente dall’interno verso l’esterno. Questo richiede medicazioni frequenti (spesso 2-3 a settimana) e tempo (anche 4-6 settimane per una completa cicatrizzazione). Il vantaggio è una minore incidenza di infezioni della ferita, ma il decorso post-operatorio è lungo e può essere scomodo.
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Chiudere la ferita con punti (guarigione per prima intenzione): si sutura direttamente la ferita accostando i margini della cute. La guarigione superficiale è più rapida (rimozione punti in ~10-14 giorni), ma c’è il rischio che la sutura si infetti o che la cisti recidivi sotto la cicatrice. In alcuni casi si utilizzano plastiche con lembi cutanei per chiudere l’ampia perdita di sostanza, spostando tessuti vicini per coprire il buco lasciato dall’escissione.
La chirurgia tradizionale funziona, ma comporta un post-operatorio spesso impegnativo: il dolore può essere significativo nei primi giorni, la gestione delle medicazioni è onerosa e il paziente deve limitare le attività (lavoro, sport) finché la ferita non è guarita. Inoltre, i tempi lunghi di guarigione espongono al rischio di complicanze come infezioni della ferita o deiscenza (riapertura) dei punti. Le percentuali di recidiva dopo intervento tradizionale variano (10-20% a seconda delle serie), in parte influenzate dalla conformazione anatomica e dai fattori predisponenti del paziente.
2. Chirurgia mininvasiva (tecnica EPSIT):
Negli ultimi anni si è affermata una tecnica innovativa chiamata EPSIT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment). Si tratta di un approccio mininvasivo, introdotto per la prima volta intorno al 2013, che sfrutta un particolare fistuloscopio (endoscopio di piccole dimensioni) per trattare la cisti dall’interno. Ecco come avviene in sintesi l’intervento EPSiT:
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In anestesia locale (talvolta spinale o sedazione leggera, a seconda dei casi) e regime di day-hospital, il chirurgo dilata leggermente l’orifizio cutaneo di accesso alla cisti oppure pratica una piccola incisione di pochi millimetri sulla pelle sovrastante.
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Attraverso questa apertura minima (inferiore a 5 mm), introduce un sottile endoscopio dotato di telecamera e luce, collegato a un monitor. In questo modo può visualizzare dall’interno la cavità della cisti e i suoi tragitti fistolosi.
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Vengono inseriti micro-strumenti tramite l’endoscopio: tipicamente una cannula con ansa o elettrodo per distruggere ed eliminare tutti i residui di peli e tessuto infetto all’interno della cisti, e una sonda laser o elettrocauterio per cauterizzare le pareti interne della cavità.In pratica la cisti viene “pulita” e bruciata dall’interno, facendo collassare le pareti.
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Al termine, tutta l’area trattata viene lavata con soluzione fisiologica. Non vengono applicati punti di sutura: rimangono solo una o più piccole aperture (pochi millimetri, simili a fori di drenaggio) che vengono lasciate aperte.Si posiziona un semplice cerotto o medicazione leggera.
L’intervento EPSIT dura in media 30-40 minuti.Il vantaggio principale è che risparmia i tessuti: non si asporta un grosso lembo di carne come nella chirurgia tradizionale, ma si rimuove solo il materiale patologico dall’interno. Questo comporta: meno dolore post-operatorio, tempi di guarigione più rapidi e un impatto estetico minimo. Il paziente di solito può tornare a casa lo stesso giorno (day surgery) e riprendere le normali attività nel giro di 24-48 ore, compatibilmente col proprio comfort. Le piccole ferite residue (di solito del diametro di qualche millimetro) guariscono da sole nel giro di poche settimane, richiedendo solo medicazioni molto semplici. Inoltre, questo approccio riduce significativamente il disagio psicologico legato a lunghe cure e ferite aperte, migliorando la qualità di vita post-intervento.
Studi clinici indicano che la tecnica mininvasiva offre risultati sovrapponibili alla chirurgia tradizionale in termini di tasso di guarigione, con il grande beneficio di un post-operatorio più semplice.
In molti casi l’EPSIT presenta anche minor incidenza di complicanze della ferita chirurgica (infezioni, deiscenza) proprio perché il trauma tissutale è minore. Tuttavia, va segnalato che l’efficacia dell’EPSIT può ridursi in situazioni molto complesse: ad esempio, in cisti pilonidali pluri-recidive con estesi ramificazioni fistolose sottocutanee, la procedura endoscopica potrebbe non riuscire a raggiungere tutti i tragitti.
In tali casi, o se l’EPSIT non dovesse portare a guarigione completa, si può comunque ricorrere alla chirurgia tradizionale o a un’escissione mirata per rimuovere i residui. In ogni caso, l’eventuale passaggio alla chirurgia “open” non preclude di aver tentato inizialmente la via mininvasiva, che, se efficace, risparmia al paziente un percorso ben più oneroso.
3. Chirurgia mininvasiva mediante laser (SiLaC): la SiLaC (Sinus Laser Closure) consiste nel trattare la cisti pilonidale introducendo al suo interno una fibra ottica attraverso il quale viene veicolato un raggio laser che cauterizza le pareti della cisti e induce la sua chiusura. L'intervento viene eseguito in anestesia locale e in regime di day Surgery. Il limiti di questa procedura sono dovuti all'essere eseguita alla cieca e al non consentire il trattamento di eventuali ramificazioni. I risultati a distanza sono incerti.

Figura 1. Schema del razionale degli interventi tradizionali: una ampia losanga di tessuto, comprendente la cisti pilonidale, viene escissa, giungendo fino al piano presacrale. Il difetto che ne consegue viene lasciato aperto e fatto guarire per seconda intenzione, oppure viene chiuso con punti di sutura (guarigione per prima intenzione). In questo caso la sutura può subire forti sollecitazioni che possono causare sanguinamenti e/o il suo cedimento.

Figura 2. Deiscenza della ferita chirurgica dopo escissione a losanga di cisti pilonidale per lacerazione della sutura con formazione di un vasto ematoma sottostante. In questo caso sarà necessario detergere la ferita e controllare gli eventuali punti di sanguinamento. La ferita verrà lasciata aperta e si chiuderà dopo alcune settimane di medicazioni.

Figura 3. Risultato a distanza dopo intervento di escissione a losanga di cisti pilonidale. La cicatrice ipertrofica e irregolare può rappresentare un problema estetico rilevante, soprattutto nelle pazienti di sesso femminile.
Decorso post-operatorio e recupero
Dopo il trattamento chirurgico della cisti pilonidale, la durata della convalescenza varia a seconda della tecnica usata. Con la chirurgia tradizionale “open”, il paziente necessita di riposo e di cure della ferita per diverse settimane, come descritto. Con la tecnica mininvasiva EPSIT, invece, il recupero è molto più rapido e agevole.
Nella maggior parte dei casi:
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Dolore post-operatorio: lieve-moderato con EPSIT (spesso gestibile con analgesici comuni) rispetto al dolore più intenso dell’escissione ampia nei primi giorni.
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Degenza: in caso di EPSiT spesso non serve ricovero (day-hospital); la chirurgia tradizionale può richiedere 1-2 giorni di degenza ospedaliera in alcune circostanze, specie se viene eseguita in anestesia generale o se il paziente ha bisogno di assistenza.
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Medicazioni: dopo EPSiT sono minime; il paziente deve solo mantenere pulita la zona e sostituire il piccolo bendaggio quotidianamente. Dopo chirurgia tradizionale con ferita aperta, le medicazioni vanno fatte dal personale sanitario più volte a settimana fino a guarigione, o bisogna comunque istruire un familiare su come effettuarle a domicilio.
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Ritorno alle attività: con la tecnica mininvasiva molti pazienti tornano a lavorare (se il lavoro non è pesante) già in 2-3 giorni, e possono guidare l’auto e svolgere attività leggere praticamente subito. Con l’intervento tradizionale spesso servono 2-4 settimane prima di poter riprendere normalmente la vita attiva, e anche di più per attività sportive o sforzi intensi, soprattutto se la ferita era aperta.
In ogni caso, dopo qualunque tipo di intervento per cisti pilonidale, è fondamentale seguire scrupolosamente le indicazioni del chirurgo per la cura della ferita e la gestione domiciliare. Bisogna mantenere una buona igiene locale, evitare traumi o sforzi sulla zona sacro-coccigea finché indicato, e presentarsi alle visite di controllo previste. I controlli post-operatori servono a monitorare la guarigione e ad intercettare tempestivamente eventuali problemi (come infezioni o sieromi), così da trattarli subito. Inoltre, il chirurgo valuterà la rimozione dei punti (se sono stati messi) e lo stato della cicatrizzazione.
Un aspetto importante nel post-operatorio è la prevenzione delle recidive: anche dopo una chirurgia riuscita, c’è sempre una piccola possibilità che nel tempo si formi una nuova cisti pilonidale. Per minimizzare questo rischio, si raccomanda al paziente di proseguire con l’epilazione periodica dell’area (ad es. ogni 1-2 mesi per almeno 6 mesi dopo l’intervento, preferibilmente mediante laser medicale, e di continuare con le norme igieniche e comportamentali già descritte (mantenere la zona pulita e asciutta, evitare sedute prolungate, controllare il peso, ecc.).

Figura 4. Reperto preoperatorio: cisti pilonidale complessa, con plurimi orifici d'ingresso sul fondo della piega glutea e lungo tramite fistoloso che risale lungo il sacro giungendo in prossimità della cresta iliaca. Un intervento tradizionale avrebbe comportato un'ampie escissione con importanti rischi di complicanze post-operatorie.

Figura 5. Lo stesso caso al termine del trattamento mininvasivo EPSIT. Il fistuloscopio è stato introdotto dall'orifizio principale sulla linea mediana. La cisti e le sue diramazioni sono state trattate endoscopicamente con rimozione del tessuto flogistico e gomitoli di peli. Minima escissione del tessuto a livello dell'orifizio alto.

Figura 6. Rimozione di importanti accumuli di peli nel corso di intervento mininvasivo EPSIT. In casi come questo, una parte dei peli viene rimossa utilizzando un micro-scovolino, la parte residua utilizzando il fistuloscopio per evitare che il canale operativo dello strumento venga ostruito dal materiale eccessivo.

Figura 7. Stesso caso: il fistuloscopio è stato introdotto attraverso l'orifizio principale, sul fondo della piega glutea. Dopo la rimozione dei residui di peli si procede alla cauterizzazione della parete della cisti, seguita dalla rimozione dei detriti risultanti. Le minime incisioni chirurgiche necessarie per l'esecuzione dell'intervento vengono lasciate aperte e medicate con una semplice garza sterile.

Figura 8. Risultato a distanza di sei mesi da intervento EPSIT. Solo con un'attenta ispezione è possibile riconoscere i segni della pregressa patologia e dell'intervento.
Vantaggi del trattamento mininvasivo
In sintesi, la tecnica mininvasiva endoscopica per la cisti pilonidale offre numerosi vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale:
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Minore trauma chirurgico: non occorre fare un’ampia incisione, ma solo piccoli fori millimetrici.
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Meno dolore e farmaci: il trauma chirurgico ridotto comporta un dolore post-operatorio molto minore, spesso gestibile con antidolorifici blandi.
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Recupero lampo: degenza in day-hospital e ritorno rapido alle proprie attività (in alcuni casi già dal giorno successivo all’intervento).
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Cicatrici minime: rimangono solo piccole cicatrici puntiformi, spesso quasi invisibili dopo qualche mese, invece di un’ampia cicatrice chirurgica. Ciò ha anche un beneficio psicologico per il paziente.
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Basso impatto sulle attività quotidiane: le piccole ferite non impediscono di camminare, sedersi (con un po’ di cautela iniziale) e svolgere gran parte delle normali attività sin da subito.
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Meno complicanze locali: minor rischio di infezioni della ferita o aperture dei punti, poiché non ci sono suture sotto tensione e l’area lesa è molto più piccola.
È importante sottolineare che non tutti i pazienti sono candidati ideali per l’EPSiT: come detto, in presenza di malattia molto estesa o recidive complesse, il chirurgo potrà indicare un approccio differente. Talvolta, inoltre, l’EPSiT potrebbe necessitare di una seconda sessione se la guarigione non è completa (in una minoranza di casi si esegue un secondo passaggio endoscopico a distanza di qualche mese per eliminare eventuali residui). Nonostante ciò, la maggior parte dei centri specializzati concorda sul fatto che, quando applicabile, il trattamento mininvasivo rappresenta oggi la prima scelta per la cisti pilonidale, in quanto combina efficacia e comfort per il paziente.
Conclusioni
La cura della cisti pilonidale ha visto notevoli progressi, passando da interventi chirurgici demolitivi con lunghe convalescenze a tecniche moderne molto più rapide e sopportabili. Ogni paziente va valutato individualmente: prevenzione e gestione delle fasi iniziali possono evitare interventi non necessari, ma quando serve la chirurgia è bene affidarsi a specialisti che conoscano tutte le metodiche disponibili. In mani esperte, l’uso di tecniche mininvasive come l’EPSiT permette di trattare efficacemente questa patologia riducendo al minimo il disagio per il paziente.
Il messaggio finale per chi soffre di cisti pilonidale è di non aver paura a farsi visitare: oggi disponiamo di soluzioni terapeutiche che garantiscono un’ottima riuscita con un recupero veloce e poche limitazioni, restituendo rapidamente una vita normale, libera dai fastidi della malattia pilonidale.
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Fonti: Linee guida SICCR – Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale; Linee guida ASCRS – American Society of Colon & Rectal Surgeons; Linee guida ESC - European Society of Coloproctology